Dio ha amato per primo. Una rilettura della recente esortazione apostolica di papa Leone XIV, Dilexit te
Ottobre 19, 2025
«Ti ho amato di un amore eterno: per questo continuo a esserti fedele» (Ger 31,3). Le parole di Dio, sulla bocca del profeta Geremia, riecheggiano autentiche e limpide nel nostro oggi attraversato da numerose contraddizioni ed eventi sempre meno confortanti.
Il messaggio dimostra chiaramente la fedeltà di Dio al Suo popolo, Israele, ancora in esilio. Da pochi giorni, in Medioriente, i clamori della guerra si sono acquietati, mettendo fine ad ataviche correnti di odio che sempre più acuivano recrudescenti situazioni conflittuali. Quella pace comunica gioia, speranza, amore, ravvivando, così, la promessa del Signore verso le sofferenze umane vissute principalmente dai poveri.
«Dio non farà giustizia ai suoi eletti che giorno e notte gridano a lui? Li farà aspettare? Io vi dico che farà giustizia prontamente» (Lc 18, 7).
Bisogna pregare con fiducia, perché Dio ascolta chi lo invoca con tenacia e con il cuore puro, come fu per la vedova importuna della parabola evangelica. L’ostinazione della vedova è mossa da un sentimento di giustizia: è tenacia e perseveranza verso la ricerca del bene. Le nostre pretese, troppe volte sono mosse da un orgoglio oltre misura per soddisfare bisogni effimeri e materiali.
«Dio ci ha amati per primo, quando eravamo peccatori. Ci ha amato per primo, quando noi eravamo lontani. E continua ad amarci anche quando voltiamo le spalle» (Don Tonino Bello).
In questa lunghezza d’onda si colloca la recente esortazione apostolica di papa Leone XIV, Dilexit te, «Ti ho amato» (Ap 3,9), che accoglie il testimone del beneamato papa Francesco sulla “cura della Chiesa con i poveri e per i poveri”. La fede si coniuga con l’impegno sociale, testimoniando con le opere, con lo sguardo rivolto ai poveri, da non considerare “problema sociale”, ma fonte di evangelizzazione: «Appare la necessità chiara che tutti ci lasciamo evangelizzare dai poveri».
È necessaria una nuova visione perché ancora prevale «una cultura che scarta gli altri senza neanche accorgersene e tollera con indifferenza che milioni di persone muoiano di fame o sopravvivano in condizioni indegne dell’essere umano» (DT 11). “Dio sceglie i poveri” è un vasto approfondimento proposto nel secondo capitolo; da qui, la necessità di “Una Chiesa per i poveri” che «riconosce nei poveri e nei sofferenti l’immagine del suo fondatore, povero e sofferente, si fa premura di sollevarne la indigenza e in loro cerca di servire il Cristo» (DT 36), in sintonia con il pensiero apostolico di papa Francesco che aveva iniziato a scrivere questa Esortazione.
Nel quarto capitolo, “Una storia che continua”, viene proposta una rilettura della Rerum Novarum di Leone XIII, sottolineando che: «I Vescovi affermano con forza che la Chiesa, per essere pienamente fedele alla sua vocazione, deve non solo condividere la condizione dei poveri, ma mettersi anche al loro fianco e impegnarsi fattivamente per la loro promozione integrale» (DT 90), al fine di garantire, con risolutezza, la centralità dei poveri nel cammino di evangelizzazione.
Il testo propone, altresì, un appello ai politici e ai garanti della democrazia ad ascoltare i poveri perché: «la democrazia si atrofizza, diventa un nominalismo, una formalità, perde rappresentatività, va disincarnandosi perché lascia fuori il popolo nella sua lotta quotidiana per la dignità, nella costruzione del suo destino».
Lo stesso si deve dire delle istituzioni della Chiesa» (DT 74, 75). In queste analisi si delinea con chiarezza la missione della “Chiesa in uscita” e la necessità di “sporcarsi le mani”, uscendo dai limiti stringenti delle proprie parrocchie o dall’inedia e dalla scarsa attitudine ad evangelizzare, per calare il messaggio di Cristo nella quotidianità. «Gesù – ha recentemente affermato l’elemosiniere vaticano, cardinale Konrad Krajewski – non aveva ufficio.
Usciva a cercare le persone che avevano bisogno. E le guariva, subito. Senza rimandare al domani. Perché nel Vangelo esiste l’oggi».


