L’orgoglio e la presunzione non fanno accogliere la grazia di Dio

L’orgoglio e la presunzione non fanno accogliere la grazia di Dio

Ottobre 26, 2025 Off Di Mario Baldassarre
Immagine tratta da https://www.madonnadifatima.org/

La stagione autunnale vive nel continuo accorciarsi delle giornate, fino alle soglie del solstizio d’inverno, che ben si adagia nel clima di avvento natalizio.

La piovosità stagionale e le basse temperature concorrono al naturale incedere del riposo vegetativo, tant’è che le pendici montane e collinari guadagnano un tocco di maestosità con i riflessi accesi dei colori autunnali. L’ora legale, introdotta per garantire un cospicuo risparmio energetico, ci consentirà di dormire un’ora in più, questo, almeno è il pensiero dei buontemponi che cercano sempre spazi di positività e ottimismo.

Le vicende delle ripetute scosse sismiche che da qualche giorno stanno allertando le aree interne dell’Irpinia, non faranno dormire sonni tranquilli: la paura e la preoccupazione tiene tutti in allerta, in particolare, quanti hanno vissuto i momenti difficili del terremoto del 1980. Intanto, le vicende politiche, in vista del rinnovo del Consiglio regionale, propongono un terremoto interno alle compagini politiche, sempre più alla ricerca di un costante equilibrio.

Paradossalmente, anziché lavare i panni sporchi in casa, come suggerisce la proverbiale e saggia cultura popolare, c’è chi usa sbandierare i limiti della propria appartenenza politica, facendo delle ristrettezze e delle contraddizioni interne uno slogan da propaganda elettorale: il presidente uscente, De Luca, in tutto ciò offre spunti di riflessione con una sopraffina teatralità, guadagnando popolarità.

Le contraddizioni e le stranezze da tempo sono ad appannaggio dei sistemi politici architettati durante le tornate elettorali, tanto da propagandare ogni cosa con il metro demagogico del buon fare e dell’attivismo.

La faziosità troppe volte fa orientare lo sguardo su se stessi, sulla bontà delle proprie azioni e dei propri pensieri, tanto da avere la presunzione di essere nel giusto, disprezzando gli altri. Prevale il senso dell’apparenza, la ricerca forsennata della visibilità per sentirsi e dimostrate una rettitudine talvolta fittizia. La pagliuzza nell’occhio altrui guadagna la scena tutte le volte in cui si cerca l’errore o il peccato nell’altro, con l’istinto di sentirsi superiori, senza fare i conti con i macigni della propria coscienza e le mancanze nascoste sotto le vesti dell’orgoglio e della supponenza.

Le vicende sociali troppe volte rimandano a queste situazioni e, in particolare, il moralismo sbandierato è motivo di disprezzo e diffidenza. L’attenzione posta su un problema, senza pensare a fattibili soluzioni, genera demagogia e disorientamento.

Il fariseo che si confronta con il pubblicano (cfr. Lc 18,9-14) ha una spiccata indole narcisistica tesa ad orientare l’attenzione sul proprio “io”, mettendo in risalto la bontà delle proprie opere, la convinzione di essere nel giusto e l’orgoglio di non essere nel peccato. Dio non trova spazio in questa umana centralità in cui le opere sono al servizio dell’orgoglio e della presunzione. L’osservanza di una religiosità di facciata, testimoniata da un’attenta morale, può nascondere un senso di vanità che porta al disprezzo: la presunzione di sentirsi senza peccato e di vedere il male nelle opere altrui è di per sè un peccato; la convinzione di non essere bisognosi della divina misericordia genera senso di autoreferenzialità e povertà spirituale.

L’amore per il prossimo, la carità non ostentata avvicina l’uomo a Dio. Sapersi peccatori e bisognosi di misericordia, come il pubblicano della parabola evangelica (cfr. Lc 18, 13), apre il cuore alla vera bontà, che si configura nel perdono e nell’amore del prossimo.

Il vivere di ogni cristiano, in quest’ottica, deve essere orientato ad avvalorare questa spinta missionaria senza uno spirito di apparenza delle opere, ma con amore, carità, rispetto delle diversità e spirito di fratellanza. Ognuno nel proprio ruolo sociale e lavorativo deve poter testimoniare l’amore di Dio e non la bellezza delle proprie opere come surrogato di una religiosità di facciata.