DOVE VA IL MONDO.. “Non ti amo più”

“Cerco di non pensare troppo a ciò che sto per fare, ma questi momenti si imprimeranno nella mia memoria, che io lo voglia o no. Ricorderò queste ultime ore in cui la mia vita continua ad essere come è stata per ben sei anni. Apparentemente perché, anche se non ho fatto ancora nulla, in realtà è già cambiato tutto”.

E’ una delle solite lettere al direttore. Una lunghissima confessione di una donna che, dopo sei anni di matrimonio, senza alcun motivo, “mi sono messa davanti allo specchio – scrive – ho fatto lo sforzo di guardarmi negli occhi e dirlo ad alta voce: non ti amo più”.

E il caso emblematico di una logica sempre più prevalente che induce il coniuge a rompere ottusamente un vincolo, dichiarato con la massima solennità davanti a famigliari, parenti, amici, Chiesa e Stato. “Non ti amo più”. Una visione tutta intimistica, individualistica e fatalistica. E allora “Quando un amore finisce – si dice – è inutile farsi troppe domande”.

Eppure formare una famiglia, avere dei figli che siano felici, vedere in una nuova generazione la continuità della propria esistenza non può essere solo uno scherzo, un capriccio del caso o del destino. Una persona umana, capace di intendere e di volere, dopo anni di discernimento, non può assumere con senso di responsabilità un impegno tale da rendersi affidabile, credibile?

Un tempo si parlava di amore eterno, di parola d’onore, di giuramento, di contratti legalmente riconosciuti anche per un qualsiasi immobile eppure irreversibili. Se c’è un vero amore non può essere solo a ore, limitato al gioco dei sensi, condizionato dalla buona o cattiva sorte.

Anzi è proprio nei momenti più difficili che si può misurare un amore autentico. Se così non fosse vuol dire che c’era solo un amore senza radici, un amore falso, un amore narcisistico, un amore malato, un amore tossico, un amore persino criminale, come si narra in alcuni programmi televisivi.

Cosa fare? Una domanda da centomila dollari. Anche se un vero amore potrebbe valere molto di più.