
Il tempo di Passione nel volto della tradizione
Aprile 17, 2025
Il lungo tempo della Quaresima si affaccia sui giorni della Passione, per poter vivere, cristianamente e degnamente, il mistero di morte e resurrezione del figlio di Dio.
Il rito della Pasqua trova il suo più celebre compimento nella Santa Messa, che si celebra quotidianamente e che, attraverso il prodigio della Transustanziazione, assurge al dono più prezioso che Gesù Cristo ha donato alla Chiesa. L’inizio del Triduo pasquale, nel far memoria della lavanda dei piedi, ricorda l’insegnamento sull’amore fraterno di Cristo che venne “non per essere servito, ma per “servire”. La memoria corre agli anni più belli della mia infanzia, stagione di spensieratezza, in cui la ritualità cristiana veniva vissuta secondo i crismi della tradizione saldamente e sapientemente tramandati di generazione in generazione.
Il silenzio era parte attiva del rito durante il quale veniva manifestato con fede il sentimento di lutto e la viva espressione di grande trepidazione e attesa per la Pasqua. In questo “tempo sospeso” per evitare che le campane oscillassero, procurando rintocchi sonori se sospinte dal vento, venivano legate le une alle altre e si scioglievano solo nel giorno di Pasqua, per comunicare la resurrezione di Gesù. Don Antonio, l’anziano prete del paese, raccomandava di vivere con rispetto questo momento di contrizione, motivando ogni famiglia a diventare un cenacolo di preghiera per intercettare le grazie del tempo Santo.
Il compito assegnato a noi giovani chierichetti consisteva nel percorrere le strade del paese scuotendo le “taccarelle”, un antico e semplice strumento di legno con dei manici di ferro che picchiettando diffondevano un suono greve, testimoniando con esattezza l’atmosfera malinconica di quei giorni. Ognuno di quei colpi sordi è un palpito al cuore che rievoca storie, speranze e dolori di un tempo ormai tramontato vissuto con fede e coraggio, a testimonianza della bellezza dello strumento di legno sapientemente costruito dalle mani del nonno.
Il progresso tecnologico si muove con una proporzionalità inversa rispetto alla conservazione e alla valorizzazione del patrimonio culturale immateriale che può assicurare memoria di un territorio e della sua gente. In questo tempo così convulso e confuso, a causa dei ritmi frenetici che attraversano le nostre giornate, prevalgono le espressioni quantitative non qualitative, tanto da valorizzare i traguardi raggiunti, senza considerare l’importanza del buon cammino.
L’amore sconfinato di Gesù ci invita a camminare insieme nella concordia e nella condivisione, con lo sguardo rivolto all’”altro”, abbandonando le vesti di uno sconsiderato individualismo, nonostante i limiti delle umane fragilità. Dio per amore s’inginocchia davanti all’uomo; il Signore ci conceda in questo tempo di sperimentare la potenza del Suo amore, facendoci vivere la grazia di sentirci figli amati.