
La fede è principio di speranza e fonte di salvezza
Agosto 10, 2025
In questo scorcio d’estate che volge al Ferragosto e agli ultimi festeggiamenti rituali, trascorro le serate seduto su una panchina, lasciandomi trasportare dal delicato silenzio circostante che mi invita a cogliere la soavità dei sussurri dell’anima.
La meditazione necessita della quiete, della calma interiore. Il silenzio e l’intimità sono presupposti per dare senso al tempo trascorso, riuscendo a coltivare la gioia. L’estate diventa così un tempo spirituale interessante e significativo, se si riesce a raggiungere un tale equilibrio, facendo tacere la chiassosità che ci circonda e i rumori che rasentano o generano pensieri negativi, come le cronache televisive propinate oltremisura. Questi momenti così suggestivi diventano un tempo da capitalizzare per ritrovare la gioia e la pace con se stessi: una condizione che rivivo nei momenti in cui provo a pormi in sintonia con la natura nelle passeggiate pomeridiane, attraverso i sentieri di campagna.
Natura e meditazione diventano fonte di ispirazione, riflessione spirituale e cammino di ritrovata consapevolezza, lontano dalle distrazioni e dalla superficialità della società: «Vivere nella natura – come scriveva Henry David Thoreau – come atto di risveglio spirituale, per arrivare all’essenza della vita». La brezza leggera di queste sere è impreziosita dalla luminescenza del cielo nell’attesa del fenomeno delle stelle cadenti nella notte di San Lorenzo.
In questo spazio intenso di suggestione la luce della fede presente nel mondo potrà guidare l’umanità alla ricerca dei valori più veri che danno senso all’esistenza, in piena sintonia con i principi evangelici. La fede alimenta la speranza per affrontare le difficoltà e le prove della vita senza paura, ma con la certezza di un Dio fedele al nostro fianco nel cammino di salvezza.
«Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito. Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli» (Lc 12, 35-37).
Occorre essere vigilanti e pronti nelle azioni quotidiani, senza lasciarsi trasportare dall’inerzia delle situazioni e delle circostanze della quotidianità. Quando le fasi della vita si fanno stringenti e gli eventi sospingono a forme pregiudizievoli di pessimismo, il Signore ci invita a vivere la fede trasformandola in atto di speranza, per non lasciarsi travolgere dalle vicende concitate della storia.
Guerre e atrocità si consumano sotto l’impassibilità del nostro sguardo, che a mala pena si lascia coinvolgere da questo clima di sofferenza. La delicatezza di questi mesi estivi, trascorsi camminando lungo i sentieri di montagna o meditando nelle albe silenziose e solitarie in riva al mare, potrà metterci in condizione di guardarci dentro, volgendo uno sguardo d’amore sulla realtà, con l’attenzione rivolta all’”altro” e non esclusivamente a se stessi. Quando il problema dell’altro diventa un mio problema, condividendo sofferenze o difficoltà, devo agire, non posso rimanere impassibile.
L’empatia che matura da questa visione traduce l’atto amorevole secondo cui Dio si mette nei nostri panni, condividendo fame, paura, sofferenza, fino alla morte: «Gesù, pur essendo di natura divina, spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce» (Fil 2, 6-8), così da trasfigurare quel sacrificio in principio e fonte di salvezza per l’umanità.