
La fraternità vince la “globalizzazione dell’indifferenza”
Settembre 28, 2025
La frescura serale comincia a virare verso il freddo stagionale.
Le giornate si accorciano considerevolmente, sottraendo spazi di operosità giornaliera, nell’attesa del ripristino dell’orario legale. Nelle zone collinari e montane è sempre più necessario coprirsi bene all’imbrunire, per far fronte ai cali di temperatura che, dopo i caldi estivi, si avvertono con insistenza.
La necessità di fronteggiare nuove esigenze, modificando le abitudini, comporta sacrificio e impone abnegazione per affrontare con rettitudine il nuovo che avanza. Le aree collinari irpine, tradizionalmente coltivate a nocciolo (Corylus avellanae, nome botanico della pianta con una diretta connessione etimologica con il toponimo Avellino) sono state ricoperte da una cospicua nuvolosità polverosa per la raccolta in atto. La stagione della vendemmia, in questi giorni, segna il naturale avvicendarsi delle pratiche agricole afferenti alle principali produzioni tipiche territoriali.
La vocazione agricola dell’Irpinia, corilicola e viticolo-enologica, trova, altresì, conferma nella prossima campagna olearia con la produzione di pregiati oli extravergine ottenuti dalle varietà locali ed autoctone, tra le quali si distingue la cultivar Ravece. La bellezza di un territorio, in particolare di quello irpino, passa attraverso le sue caratteristiche geografiche ed orografiche e, in modo particolare, dalle tradizioni che riescono ad esprimere mirabilmente un patrimonio immateriale che unisce passato e presente con lo sguardo rivolto al futuro, a garanzia di benessere e prosperità.
Dinanzi all’incantevole scenario della natura e delle vicende del tempo che testimoniano la bellezza del creato nelle sue molteplici forme e tratteggiano gli eventi della storia, appare sempre con maggiore evidenza lo stato di indifferenza verso il prossimo con gravi conseguenze, non soltanto per chi soffre, ma soprattutto per le generazioni che verranno. Papa Francesco più volte si è soffermato sul preoccupante stato della “globalizzazione dell’indifferenza” che genera sempre più condizione di povertà materiale e spirituale con conseguenze che tendono a mutare in maniera irreversibile. Rattrista rilevare l’alta percentuale dei poveri nei Paesi cristiani. La crisi climatica e soprattutto le guerre determinano inoltre enormi sprechi di risorse. I continui richiami della Chiesa alla fraternità, al comandamento dell’amore, spesso, cadono nel vuoto.
Il livello di benessere e prosperità della civiltà occidentale si scontra con il perdurante stato di indigenza degli stati africani in cui la fame falcidia annualmente milioni di vittime. L’ingegneria genetica e le coltivazioni intensive hanno permesso di produrre molto di più di quanto serve, con un conseguente spreco di alimenti e risorse da parte dei paesi economicamente ricchi. I conflitti non fanno altro che aggravare la fame nel mondo e, al tempo stesso, la fame scatena sempre nuove guerre, come un circolo vizioso di un cane che si morde la coda.
«La Terra ha abbastanza per i bisogni di tutti ma non per l’ingordigia di tutti» (Mahatma Ghandi). «Il problema di risolverà quando avremo rinunciato alla nostra ingordigia», è la conclusione di Madre Teresa di Calcutta.
La ricchezza genera povertà d’animo, freddezza, incapacità di comprendere l’indigenza altrui e di- amare. Il troppo anestetizza i sentimenti, richiudendo la vita nella solitudine, nel timore di perdere certezze. La mondanità fa volgere lo sguardo su se stessi, impedendo un cammino di prosperità e benessere condiviso, sostenibile e duraturo.
Sono le opere buone e di carità a salvare l’uomo dall’oblio, dando un senso al proprio passaggio terreno. La ricchezza condivisa è un’autentica forma di bene. Lazzaro è alle nostre porte tutte le volte in cui pretendiamo di vivere chiusi nelle comodità casalinghe, mostrandoci avvezzi alle manifestazioni di solidarietà millantate per dare sfogo all’apparenza.
Accorgersi di Lazzaro e accoglierlo con animo caritatevole significa aprire il cuore a Cristo, che abitando le nostre vite sosterrà le croci quotidiane lungo il cammino che porta all’eterna salvezza. Misurarsi con il dolore altrui contribuisce ad elevare la grandezza dell’uomo (cfr Dostoevskij) oltre la soglia effimera dell’indifferenza e del negazionismo per colmare quel vuoto interiore che, paradossalmente, provoca la ricchezza maturata da un cuore incapace di amare (cfr Lc 16, 19-31).
Come cristiani siamo chiamati a far maturare i nostri “talenti” con uno sguardo fraterno rivolto ai poveri, affinché la salvezza sia un retaggio spirituale comune di chi riceve e chi dona.