Tenete i pomodori in frigorifero? Tirateli fuori. Siete abituati a lessare gli asparagi? Male: gettate via un sacco di sapore con l’acqua di cottura. Molto meglio usare il microonde per lo stelo e saltare le punte in padella. L’aglio e la cipolla li tagliate grossolanamente, oppure finemente, li schiacciate o li grattugiate prima di usarli? Perché sì, fa differenza. Cuocete le patate gettandole in acqua bollente o partite da acqua fredda? Perché anche in questo caso fa differenza.
Le melanzane è meglio salarle prima di friggerle, ma non è per togliere l’amaro che si deve fare. E già che ci siamo, meglio non usare l’olio extravergine di oliva per friggerle. Questi e tanti altri consigli si basano su ciò che la scienza ha scoperto sui vari vegetali che usiamo per arricchire la nostra alimentazione e che racconto nel libro La Scienza delle Verdure in uscita il 14 Novembre. Le sue 280 densissime pagine mi sono costate molti mesi di lavoro ma alla fine è venuto alla luce.
Preparerete le migliori patate arrosto della vostra vita, promesso, e imparerete cosa influenza il sapore finale della salsa più amata dagli italiani: quella di pomodoro. Preparerete il pesto scientifico, a friggere correttamente, e finalmente imparerete a usare in modo efficace il microonde che avete in casa e che, confessatelo, usate quasi solo per scaldare il latte o il tè la mattina. Il tutto seguendo la scienza. Vi metto qui l’indice così vedete cosa sono riuscito a farci stare e cosa invece ho rimandato a futuri volumi.


Poiché io adoro le zucche, e visto che è novembre e cominciano ad arrivare nei nostri mercati e supermercati, ho pensato di riproporre qui un piccolo estratto del capitolo tutto dedicato a zucche e zucchine.
Ma quante zucche ci sono? Facciamo ordine
In cucina le chiamiamo tutte zucche, ma in realtà, a seconda del tipo, appartengono a specie diverse, anche se imparentate. Attualmente, i botanici classificano cinque specie diverse di zucche del genere Cucurbita, ognuna con le sue varietà coltivate, tutte provenienti dalle Americhe.
– Cucurbita pepo. Questa specie è nativa delle regioni temperate del Nord America ed è stata una delle prime piante americane a essere stata descritta dagli Europei. Si è diffusa molto di più di tutte le altre specie, poiché si riesce a coltivare anche in zone più fredde e fino a 2.100 metri di altitudine sul livello del mare. I resti archeologici più antichi, ritrovati in Florida, risalgono al 10.000 a.C.. D’estate consumiamo i frutti immaturi di varietà come le zucchine, ma anche i frutti maturi e colorati delle zucche, e persino fiori e semi. C. pepo è probabilmente tra tutte le specie di zucche quella che ha dato origine alle varietà dalle forme e dai colori più disparati. I frutti possono essere molto piccoli e pesare solo pochi etti, oppure molto grandi, pesanti decine di chili. Sono bianchi, gialli, verdi, striati, bicolori e di tante altre varianti cromatiche.
La polpa di C. pepo è spesso priva di quel colore arancio che caratterizza le altre specie di zucche, anche se ci sono varietà a polpa colorata. Le popolari zucchine (cilindriche uniformi) e le cocozelle (cilindriche ma bulbose a un’estremità, e ricurve) appartengono a questa specie.
– Cucurbita maxima. Un’altra specie di zucca molto diffusa nei climi caldi e temperati è la Cucurbita maxima, originaria del Sud America. È quasi sempre consumata quando è matura, e se ne sfruttano anche i semi, anche per la produzione di olio. Il nome non è stato scelto a caso, dato che questa specie produce i frutti più grandi noti nel regno vegetale, pesanti anche svariate centinaia di chilogrammi. Le varietà dai frutti più piccoli sono apprezzate anche da noi, come la Delica o la celebre Marina di Chioggia. Anche le varietà a turbante come la Mantovana sono molto riconoscibili, con la caratteristica forma quasi a fungo e il cappello colorato di rosso

– Cucurbita moschata. Un’altra specie molto diffusa e apprezzata per le sue caratteristiche gastronomiche è la Cucurbita moschata. È chiamata così per il suo odore muschiato. Nei nostri supermercati troviamo facilmente la varietà Butternut, dalla forma a pera e dalla buccia color beige crema, o molte sue varianti come la Violina, la Lunga di Napoli e così via. Originaria della fascia tropicale delle Americhe, ora viene coltivata anche nei Paesi temperati; è una importante fonte di provitamina A per molte popolazioni del Sud e del Centro America.
– Cucurbita argyrosperma. Questa specie è originaria del Messico. È molto simile a C. moschata ma non ha avuto una grande diffusione nel mondo, anche perché le qualità gastronomiche della sua polpa sono inferiori a quella della cugina C. moschata.
– Cucurbita ficifolia. Anche questa specie di zucca, con le foglie simili a quelle del fico, non ha avuto una grande diffusione, a causa della sua poca adattabilità ad ambienti diversi, e viene coltivata quasi esclusivamente negli altopiani tropicali del continente americano. La sua polpa è più fibrosa e con un sapore più blando delle altre specie di zucche.
La zucca dei romani
Ma i romani mangiavano zucche? Sì, ma non delle specie – e neppure del genere – che consumiamo di solito. Esiste una specie di zucca, la Lagenaria siceraria, originaria dell’Africa, i cui frutti immaturi sono verde chiaro, lunghi, spesso ricurvi e ricoperti di pelucchi, che a mano a mano che maturano diventano lisci e di color beige. Da maturi venivano essiccati per produrre dei contenitori di liquidi, dato che l’interno rimane vuoto e la buccia diventa dura e impermeabile. Non a caso, questa specie ha come nome comune “zucca a fiasco” o “zucca bottiglia” o ancora “zucca da vino”.
I frutti molto giovani a volte lunghi anche un metro, invece, sono ancora commestibili e in molte parti d’Italia sono noti come cocuzzi, cocuzze o cocozze.
Non-ricetta: zucca al forno
Il modo migliore di cucinare la zucca è al forno. Sia nel caso in cui si voglia mangiarla direttamente, sia come passo preliminare per ricette più complesse, tipo gnocchi, vellutate o torte.
Procedimento:
1 – Prendete una zucca (per questa preparazione una Cucurbita maxima, come la Delica, va benone). Tagliatela in quarti, separate i semi e affettatela facendo attenzione che le fette siano tutte di altezza uniforme, altrimenti, nel forno, le estremità più sottili rischieranno di bruciare.
2 – Stendetele su una teglia cosparsa con un po’ d’olio. Spargete dell’olio anche sopra le fette, aggiungete sale e pepe a volontà e infornate a 180 °C. Fate attenzione, ci vorranno almeno 15-20 minuti. Quando le fette cominceranno a scurirsi, aprite il forno e, con una pinza, giratele tutte.
3- Quando saranno morbide, potete spegnere il forno e sfornarle. Lasciatele raffreddare un po’ e poi potete mangiarle. Io le preparo spesso come aperitivo.
