
L’atmosfera contrita del Venerdì di Passione
Aprile 18, 2025
La nebbia del mattino incupisce i primi bagliori del giorno. I fasci di luce dei lampioni, sui muri stanchi delle ultime case contadine o che costeggiano il viale degli antichi borghi cittadini irpini, dardeggiano nelle pozzanghere e il picchiettare della pioggia incessante affresca rughe dai riflessi cristallini.
La quiete notturna, gradualmente, cede il passo al mistero del giorno nascente. L’alba avanza a passi sottili e delicati sul selciato della quotidianità. L’atmosfera spenta di quest’aria mesta rimanda con decoro al tradizionale tempo di Passione, custodito amorevolmente nel retrobottega della storia in uno spazio di fanciullesca memoria. In questi giorni il silenzio si fa preghiera e l’animo, nel breve passo di una placida contemplazione, si pone in sintonia con la voce dell’Altissimo che aleggia fra le pieghe della coscienza contrita. I rintocchi dell’orologio a pendolo, ormai stanco nel suo incedere regolare, nonostante gli acciacchi degli anni, mi riportano alla mente il suono acuto dei chiodi della Passione.
Il silenzio è quello spazio di eternità, come d’infinito leopardiano, che accompagna gli stridori della vita. Il lento cammino interiore, secondo una perfetta predisposizione del corpo e dello spirito, lascia riecheggiare un arpeggio melodioso che riporta nel presente i riflessi accesi di gesti e saperi, semplici ed essenziali, dei nostri antenati. Le tavole apparecchiate con gusto dalle tradizionali e succulente preparazioni pasquali venivano benedette nelle giornate della Passione e solo quando si “scioglievano le campane”, per annunciare che Gesù era risorto, si poteva gustare un pezzo di pizzachiena preparata con tanta cura e amore dalle donne e mangiare un tarallo con le uova. Quanta poesia in questi semplici gesti antichi da cui traspariva l’eleganza, il garbo ed il rispetto della cultura contadina! Rimane vivo questo patrimonio immateriale che con cura custodisco e che in questi giorni mi provoca un tuffo al cuore.
La “passione”, nel più celebre significato delle proprie aspirazioni, dà senso alla vita, spinge all’azione per raggiungere obiettivi desiderati. La croce di Gesù è la misura della Sua passione per l’umanità, il prezzo pagato per amore. Il buio della morte si trasfigura in luce di vita eterna, il peccato guarisce alla fonte della Sua misericordia, le sofferenze vissute come atto di amore diventano grazie per portare con umiltà le croci della vita che accompagnano il cammino e con esso si identificano. In questa aria contrita del Venerdì Santo viene da chiedersi: qual è la nostra passione? Per cosa vale la pena soffrire, senza lasciarsi travalicare dall’orgoglio?
Basta volgere lo sguardo alla Croce per calarsi in quel dono di amore che è cura e guarigione, rispondendo così con una vita ricolma di passione.