Occorre scacciare i mercanti dal “tempio” del nostro oggi

Occorre scacciare i mercanti dal “tempio” del nostro oggi

Novembre 9, 2025 Off Di Mario Baldassarre
Immagine tratta https://www.meisterdrucke.it/

Uno scorcio di bel tempo accompagna queste giornate d’autunno protese verso l’estate di san Martino.

Mattinate di cielo terso si alternano a giornate piovose ed umbratili, come di norma è il tempo di un autunno avanzato. Rimango rapito da quel fascio luminoso che filtra dalle nubi e si staglia sul versante orientale del monte Tuoro, ravvivando i riflessi suggestivi del fogliame boschivo. L’Irpinia si caratterizza per un’orografia che mirabilmente garantisce una delicata bellezza del paesaggio, affrescato da vigneti ed uliveti estesi su ampie superfici con i filari armonicamente orientati.

Il colore rosso purpureo delle foglie dell’Aglianico è uno dei simboli più poetici dell’autunno: gli antociani, che si accumulano nelle foglie, a seguito di una graduale degradazione della clorofilla, danno origine a sfumature rosso vivo. “A san Martino ogni mosto diventa vino”, ricorda il profetico proverbio tanto caro ai viticoltori, che possono spillare il vino novello frutto di un tempo lungo di fatiche e sacrifici oltremisura vissuti con speranza e fiducia.

Il profumo fruttato del mosto nel “ribollir dei tini” mi rimanda ai suggestivi momenti dell’infanzia quando i borghi rurali pullulavano di vita e fatica contadina e i rintocchi regolari del torchio diventavano il battito del cuore di ogni cantina. Il progresso ha mutato il volto della tradizione: quei rumori custodi di poesia sono stati sostituiti dagli stridori della forza meccanica; i criteri volti a massimizzare la produttività hanno preso il sopravvento sui ritmi lenti della fatica fisica del passato.

In questi giorni la campagna elettorale per il rinnovo del consiglio regionale guadagna la scena, tant’è che nelle tribune politiche televisive delle emittenti locali ognuno spara le sue cartucce per garantirsi notorietà e margine di successo. Il clima elettorale è intessuto di promesse proposte a buon mercato per guarire ogni male sociale e garantire un futuro dalle rosee prospettive. Nei dibattiti i proventi politici sfoggiano l’entusiasmo del buon fare, l’impegno con passione e lo spirito chi si piega sulle piaghe sociali, come il buon samaritano sull’uomo tramortito dai briganti.

A giochi fatti, la storia ci ricorda che tutto si dissolve come neve su un mucchio di sale. Guadagnate le poltrone ogni buona intenzione viene messa in quarantena e gradualmente sostituita secondo nuove logiche ben lontane dalle esigenze e dalle priorità sociali. Dinanzi a queste scene, che si ripetono nel nostro oggi sempre più segnato da banditori e venditori di false certezze, si ripresenta e si riattualizza l’evangelica immagine dei venditori nel tempio. Gesù «trovò nel tempio quelli che vendevano buoi, pecore, colombi, e i cambiavalute seduti.

Fatta una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori dal tempio, pecore e buoi; sparpagliò il denaro dei cambiavalute, rovesciò le tavole» (Gv 2, 14). Dinanzi alle forme estreme di mercificazione, ai compromessi e alle speculazioni perpetrate ai danni della “povera gente”, occorrono gesti forti e risoluti che non vanno intesi come forme di violenza, ma opere sostenute dal buon senso e da una integrità morale che si ispira con autenticità ai valori cristiani.

Bisogna ritrovare i luoghi e i modi delle relazioni autentiche, dei gesti fatti senza fini egoistici o modalità utilitaristiche. È il corpo il tempio dello Spirito Santo (cfr 1Cor 6, 19) da custodire, preservare dalle insidie del peccato, rassettando con costanza le umane fragilità e farlo abitare da Dio, così da diventare operatori e dispensatori della Sua grazia, così da operare, senza mezze misure, con spirito di fraternità.

La virtù della speranza cristiana deve guidare il nostro cammino per guardare oltre il buio del presente e scorgere quel raggio di luce che offre chiarezza e tepore per andare oltre ogni pregiudizio.