
Piazza Kennedy, recinzioni e divieti: il degrado si combatte con la partecipazione, non con l’esclusione
Agosto 14, 2025
In questi giorni si è tornati a parlare di Piazza Kennedy, cuore pulsante e allo stesso tempo ferita aperta della nostra città.
Oggetto dell’ennesima ordinanza restrittiva – che prevede il divieto di stazionamento – e al centro di una discussione sulla possibile recinzione dell’area, lo spazio urbano torna a fare notizia non per ciò che accade al suo interno, ma per le misure che cercano, ancora una volta, di “metterlo a tacere”.
È in questo contesto che riteniamo urgente condividere alcune riflessioni che riguardano non solo Piazza Kennedy, ma l’idea stessa di città e di sicurezza che ci viene proposta.
La sicurezza vera nasce da spazi vissuti
Negli anni abbiamo più volte cercato di portare l’attenzione sul tema della sicurezza urbana, non come sinonimo di controllo e repressione, ma come risultato di spazi pubblici vivi, attraversati, partecipati. Gli spazi abbandonati, trascurati, lasciati ai margini, sono – non a caso – quelli meno sicuri, meno controllabili, e più esposti a fenomeni di degrado e microcriminalità.
La risposta a tutto questo non può e non deve essere la chiusura. Limitare l’accesso agli spazi pubblici, recintarli, vietarne l’utilizzo, significa sottrarli alla cittadinanza e aumentare, paradossalmente, la percezione di insicurezza. Non esistono scorciatoie. Se davvero vogliamo costruire una città più sicura, dobbiamo ripartire da una visione sistemica e lungimirante della gestione degli spazi comuni, visione che purtroppo è assente da troppo tempo.
Spazi pubblici: il senso del “pubblico”
C’è un nodo centrale da sciogliere, e riguarda la concezione stessa dello spazio pubblico. Uno spazio è realmente pubblico solo quando viene vissuto, riconosciuto e sentito come proprio dalla comunità. In caso contrario, si trasforma in un territorio “tollerato”, magari concesso formalmente alla cittadinanza, ma nei fatti escluso da una fruizione libera e collettiva.
Per questo occorre riaprire con urgenza una discussione sul significato del bene comune. Perché una città vivibile non si costruisce a colpi di divieti, ma con la partecipazione attiva di chi la abita.
Il ruolo (ignorato) del Terzo Settore
In questa cornice, il Terzo Settore può e deve giocare un ruolo fondamentale. Associazioni, cooperative, realtà culturali e sociali sono le sentinelle del territorio, capaci di leggere i bisogni, attivare relazioni, creare reti. Proprio su Piazza Kennedy e sul parco Di Nunno – da tempo al centro delle cronache – alcune realtà locali, tra cui Legambiente e Puck Teatrè, avevano proposto un progetto di gestione partecipata, con attività culturali, manutenzione condivisa e cura costante del verde.
Una proposta concreta, nata dal basso, mai accolta dal Comune.
Eppure, uno spazio curato dalle comunità che lo vivono ogni giorno avrebbe potuto diventare un presidio sociale, non un problema da nascondere dietro cancelli e divieti.
Una città che cambia, da accompagnare, non da temere
Piazza Kennedy è anche il riflesso di una città che sta cambiando. Sempre più persone straniere la attraversano, la abitano, la vivono. La diversità non è un problema da reprimere, ma un dato di realtà da gestire con strumenti adeguati: mediazione culturale, educazione, presenza professionale. Non stigmatizzare, ma comprendere. Non allontanare, ma includere.
Oltre il controllo, verso una visione condivisa
Siamo convinti che oggi più che mai ci sia bisogno di strumenti di mediazione, non di repressione. Di comunicazione efficace, non di barriere. Di fiducia tra istituzioni e comunità, non di contrapposizioni.
Solo attraverso una visione condivisa, partecipata e lungimirante, sarà possibile restituire a Piazza Kennedy – e a tanti altri luoghi della città – la dignità di spazi pubblici vivi, aperti, sicuri perché frequentati, e non perché blindati.
È tempo di scelte coraggiose, che mettano al centro le persone e il loro diritto di abitare la città. Tutta. Nessuno escluso.
AvellinoArci