
Si chiama speranza la luce di questo tempo
Febbraio 2, 2025
Quaranta giorni dopo il Natale si celebra la presentazione di Gesù al Tempio: il tempo vissuto dopo la gioia delle festività natalizie fa da preambolo ai quaranta giorni della Quaresima, in preparazione alla Santa Pasqua. Momenti segnati da una comune temporalità che si rinnovano nel volto della tradizione. La Luce viene a celebrare la vita che non si piega al buio stagnante della morte. Nella speranza, ricorda San Paolo, anche noi siamo stati salvati (cfr Rm 8, 24)
«La redenzione ci è offerta nel senso che ci è stata donata la speranza, una speranza affidabile, in virtù della quale noi possiamo affrontare il nostro presente: il presente, anche un presente faticoso, può essere vissuto ed accettato se conduce verso una meta e se di questa meta noi possiamo essere sicuri, se questa meta è così grande da giustificare la fatica del cammino» (Benedetto XVI, Spe Salvi).
In un tempo in cui la speranza è sempre più una candela a corto di cera, dalle pagine della tradizione giungono immagini di positività. «A Cannelora vierno è fora!»,era il presagio dei più ottimisti che leggevano gli eventi attraverso i riflessi e le voci della natura, senza quel senso opprimente della rassegnazione. Le pesantezze dell’inverno sono un ricordo ormai lontano; le allerte meteorologiche, invece, si confermano campanelli di allarme in ogni stagione. «Ma se piove o tira vento de l’inverno semo dentro», continuava così la proverbiale e celebre saggezza popolare.
La cultura contadina era espressione di ponderazione, maturata attraverso osservazioni attente e puntuali. Bastava guardare la nuvolosità che sovrastava le pendici montane per prevedere il decorso climatico dei giorni che sopraggiungevano. «Si a montagna tene a cappa, crai (domani), non scappa!», era solito ripetermi il nonno, che con fluida maestria rimirava le pendici del monte Tuoro, saggiando con cura la ventosità. La “stima ad occhio” era una prerogativa geneticamente innata della sapienza contadina, che veniva esercitata con un’amorevole attitudine e un’accorata precisione. La Candelora era proprio quel tempo in cui rimembrare l’antico detto popolare, che quasi sempre trovava conferma nel decorso stagionale, e rimandare un nostalgico riflesso di “luce” sul passato: quel passato che passato non è, tutte le volte che ritornando alla mente alimenta la fede nelle nostre giornate sempre più spente dalla sfiducia e prevalse dall’orgoglio di essere custodi di ogni verità.
In questa giornata così ricca di senso, a confine tra Natale e Pasqua, tra inverno e primavera, tra passato e futuro splendente di luce eterna, la candela che portiamo a casa dovrà ricordarci la luce della fede e della speranza, avuta in dono dalle passate generazioni, che va consegnata ai più giovani, affinché possa illuminare il mondo di pace e amore.