La tempesta sedata
Giugno 20, 2021Covid-19: la tempesta sedata del nostro tempo

Le letture evangeliche conservano l’eleganza di un messaggio universale che supera gli ostacoli del tempo e dello spazio trovando una forma sorprendente di attualizzazione. Gli eventi della modernità possono essere riletti alla luce della Parola per ritrovare con fiducia la speranza che ci permette di affrontare le nodosità della quotidianità senza essere affossati dal pessimismo e dal negazionismo. La liturgia domenicale, XII del tempo ordinario, propone la lettura del Vangelo di Marco nota come “tempesta sedata”: un evento espressivo se pensiamo agli effetti nefasti della pandemia da Covid-19 che gettano sul nostro tempo timore e smarrimento disorientante.
I discepoli si trovano su una barca in balia di un’improvvisa tempesta che spaventa, tanto da svegliare Gesù che se ne sta a poppa: «Maestro, non t’importa che moriamo?». «Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?» sono le parole semplici e risonanti di Gesù che riecheggiano nel nostro tempo con un senso pregnante di attualità. Numerose sono le situazioni in cui le barche delle nostre vite si trovano in preda ad improvvise tempeste in cui Dio sembra lontano se non del tutto assente, ma è quantomai importante remare insieme con fiducia per raggiungere porti sicuri. È stato questo il messaggio di Papa Francesco quella sera del 27 marzo 2020 in una vuota piazza San Pietro dinanzi all’umana sofferenza segnata dall’incedere della “tempesta” Covid-19. “Dio non salva dalla sofferenza, ma nella sofferenza; non protegge dalla morte, ma nella morte. Non libera dalla croce ma nella croce” (Bonhoeffer).
La pandemia ha messo a nudo le umane fragilità facendoci ritrovare “tutti sulla stessa barca”, con la paura di non essere ascoltati e un senso di abbandono. Le letture evangeliche evidenziano l’efficacia e la perseveranza di una preghiera fatta con fede, anche con un atteggiamento “importuno” (Lc 11, 1-13). Papa Francesco in una recente catechesi ricorda che “la preghiera non è una bacchetta magica: è un dialogo con il Signore. In effetti, quando preghiamo possiamo cadere nel rischio di non essere noi a servire Dio, ma di pretendere che sia Lui a servire noi”.
Spesso, ammonisce ancora il Santo Padre, non si considera che è Dio a dover convertire noi e non siamo noi che dobbiamo convertire Dio. La rilettura degli eventi difficili e della sofferenza che permea le nostre vite spesso si presenta come un peso gravoso quanto un macigno, apparentemente insopportabile, poi col tempo le cose si sistemano sotto la veste salvifica secondo la volontà di Dio, in maniera divina, non secondo la nostra volontà, questo perché il tempo di Dio è diverso dal nostro tempo. È indispensabile avere “fede sul serio” per far breccia nel cuore di Gesù, solo così, come sosteneva don Tonino Bello, “Le nostre ferite, come quelle del Risorto, possono trasformarsi in feritoie attraverso le quali una luce nuova raggiunge noi e chi ci incontra”. Sono questi i presupposti che ci consentono di superare i limiti delle nostre umane debolezze permettendo ai “doni dello Spirito Santo” di operare un’azione salvifica nelle nostre vite. La relazione con Dio si presenta come un mistero che non può essere decifrato nella sua interezza, diversamente è come volersi arrogare il diritto di sostituirsi a Dio stesso.
Molte vicende bibliche chiariscono questa cosa, in particolare Giobbe segnato da sofferenze ritenute ingiuste, dinanzi alle evidenze di Dio deve ricredersi e riconoscere i propri limiti (Giobbe 42, 1-6). Papa Francesco al riguardo ci invita ad imparare “questa pazienza umile di aspettare la grazia del Signore, aspettare l’ultimo giorno. Tante volte il penultimo giorno è molto brutto, perché le sofferenze umane sono brutte. Ma il Signore c’è all’ultimo giorno Lui risolve tutto”.
Mario Baldassarre


